Una tesi di Laurea sull’Albergo Diffuso Torre Soca

“Dopo un’attenta analisi del modello di ospitalità ricettiva “albergo diffuso”  vorrei fare il punto su tutto ciò che  è stato trattato in questo elaborato.

Quando parlo di questo modello mi piace definirlo  “progetto” perché questa è la giusta direzione per un turismo responsabile che offre un’opportunità di sviluppo sostenibile del territorio. Parlo di progetto in quanto è un tipo di programma che ha ampi margini di espansione e miglioramento. Non gli viene attribuito il giusto peso che meriterebbe, in quanto potrebbe essere un modello di rilancio dei centri minori del nostro paese. Scrivendo questa tesi mi è capitato, per pura curiosità, di chiedere a persone se conoscessero questa tipologia di ricettività e la stragrande maggioranza delle risposte ha avuto esito negativo. Capisco bene che la materia “turismo” possa non interessare a tutti, e che magari se avessi scelto un percorso di studi differente nemmeno io sarei venuto a conoscenza dell’albergo diffuso. Inoltre pur essendo un modello di recente sviluppo, è poco trattato sia dai media, sia in ambito turistico. Alla base c’è il rispetto dell’ambiente il quale è un tema attuale,  è un argomento importante perché è un’occasione per scoprire dei luoghi mettendo in luce  le piccole cose, quelle di tutti i giorni alle quali i residenti sono abituati ma i visitatori no.

Sono svariate le ragioni per le quali il numero di alberghi diffusi è ancora ridotto, rispetto all’enorme potenziale del nostro paese. In primis gli ostacoli normativi : anche se l’albergo diffuso è regolato in tutte le regioni Italiane, quasi la metà delle regioni non ha un regolamento attuativo e questo impedisce la nascita di strutture che offrendo l’ospitalità in case preesistenti, riescano a garantire tutti i servizi alberghieri.

Un altro motivo è l’assenza di un’adeguata consapevolezza del modello “ Albergo Diffuso” spesso confuso con altre forme di ospitalità come il paese albergo, o degli affittacamere sparse qua e là. In terzo luogo un’altra incognita è la carenza di misure di incentivazione specifica, o di permessi di carattere urbanistico che diano la possibilità a chi voglia intraprendere questa attività di poter conservare l’offerta anche dal punto di vista strutturale.

In conclusione, questo è il giusto percorso  verso il turismo sostenibile di cui tutti parlano e in particolar modo entrerà di diritto in quel turismo definito di lusso  non dal punto di vista economico ma dal lato dell’autenticità, dell’esperienza e dell’esclusività dell’offerta.
A differenza degli alberghi tradizionali, l’albergo diffuso permette di vivere in spazi, in strutture ed in edifici che sono diversi da quelli spazi progettati appositamente per la categoria “turisti”. E’ sicuramente un modello di ospitalità unicamente Italiano, motivo questo per il quale l’associazione nazionale degli alberghi diffusi chiede di non tradurre il nome “ albergo diffuso” come noi facciamo con i modelli di ospitalità estera ( B&B , Residence, Hotel ,…). E’ un  modello apprezzato dagli ospiti, per la maggior parte stranieri che si sentono a casa quando possono godere di un patrimonio storico, artistico e paesaggistico come quello dell’Italia. E’ in grado di promuovere le piccole comunità locali e tutto ciò che ne fa parte (enogastronomia, territorio, tradizioni) e sicuramente permette di conoscere ed apprezzare la cultura del luogo che si è scelto di visitare, non superficialmente ma ponendosi degli interrogativi a riguardo. L’Italia ha una ricchezza ambientale dotata di siti dichiarati patrimonio dell’umanità  dell’UNESCO e di importanza comunitaria.

Penso ai miei piccoli ma sentiti viaggetti in particolare nel sud Italia, ed oltre all’esaltazione che provavo la sera prima di partire per andare alla ricerca di posti inesplorati, penso non ci sia appagamento maggiore  nel portarmi dietro quegli attimi, quelle sensazioni, quei colori e quelle emozioni. Alla genuinità delle persone, ai sorrisi, alla passione che ci mettono nell’affrontare la quotidianità non sempre facile senza perdersi d’animo. Porte sempre aperte, cordialità e spirito di collaborazione. Alla voglia di raccontare e trasmettere il loro vissuto, con gli occhi malinconici ma sempre con il sorriso.

Questo forse è il vero patrimonio di un paese, la storia, fatta di esperienza reali, le tradizioni, tramandate da tante generazioni, i ricordi, indelebili. Per me “viaggiare” non è  solo andare oltre i confini europei,  è anche conoscere le radici del mio paese. Significa sfogliare album di fotografie e vedere i cambiamenti,  ripercorrendo vicoli e stradine piene di significato.

Negli ultimi anni stanno avanzando iniziative atte a valorizzare, promuovere e dare vita a zone totalmente dimenticate. Sono convinto che anche l’ultimo paesino della Calabria più nascosta avrebbe da insegnarci qualcosa.

Quando sento parlare di piani di recupero penso che ci sia un gran da fare e che forse, riflettendoci  prima, avremmo potuto leggere sui Giornali “Italia, maggior paese per vocazione turistica”. Ci sono oleifici, cantine vinicole, mulini, panifici, terreni coltivati a cereali, vigneti, uliveti, agrumeti, antiche attività artigianali (sartorie, falegnamerie, botteghe, miniere) che costituiscono un patrimonio di inestimabile valore e che non sono valorizzati nel contempo .

Allora perché non creare una rete che colleghi tutte queste attività/tradizioni nella speranza di regalare al turista qualcosa di unico, di “lussuoso” appunto,  che difficilmente dimenticherà?

Dalle conclusioni della Tesi di Laurea di Francesco Gabriele De Paola “Albergo diffuso in Italia: una nuova dimensione per il turismo di lusso?”, Università degli Studi dell’Insubri, AA 2017 – 2018 

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