Nuovi modelli gestionali e organizzativi per il recupero dei centri storici minori e dei borghi. Il caso dell’Albergo Diffuso.

Nuovi modelli gestionali e organizzativi per il recupero dei centri storici minori e dei borghi. Il caso dell’Albergo Diffuso.

 

L’elaborato, ha come oggetto di studio le strategie di intervento per il recupero e la valorizzazione dei borghi e dei centri storici minori focalizzandosi soprattutto sull’albergo diffuso e le sue caratteristiche. L’Italia, da qualche anno sta vivendo una grave crisi economica che penalizza la cultura e l’immenso patrimonio italiano generando un connubio tra pubblico e privato che diventa sempre più stretto e indispensabile per la fruizione e la valorizzazione di un patrimonio immenso ed eterogeneo.

La tesi è strutturata in cinque capitoli, che analizzano i borghi e i centri storici minori e le differenti strategie di recupero degli stessi e approfondiscono l’albergo diffuso, evidenziando i casi di strutture funzionanti e di progetti mai concretizzati.

 

Ho analizzato  le caratteristiche di tre alberghi diffusi appartenenti all’Associazione Nazionale Alberghi Diffusi descrivendone la struttura, raccontandone la storia e infine analizzando l’impatto economico e culturale, con la relativa organizzazione, delle strutture in questione. Gli alberghi sono l’Urbino Resort Tenuta Santi Giacomo e Filippo, Borgo Castel Vetere e Borgo Mocale.

Quest’ultimo è nato grazie alla  Famiglia D’Amico che ha acquistato il borgo nel 1973 mantenendo il carattere originale della struttura nonostante alcuni mbiamenti sono stati necessari come le terrazze sui tetti, la piscina, i giardini e le inferriate in ferro battuto che rappresentano i segni degli ultimi rinnovamenti.

La struttura offre 7 case con un totale di 38 posti letto e ogni appartamento ha un nome che richiama la grande tradizione lirica italiana.

Il borgo ha prevalentemente un turismo basato sugli ospiti che amano vivere la campagna e hanno necessità di soggiornare in tranquillità e in silenzio. I bambini spesso vivono questa esperienza come una fiaba.

Le attività che si possono svolgere nella struttura sono legate alla campagna come degustazioni enogastronomiche, escursioni nel maneggio e percorsi botanici.

All’interno della struttura è possibile visitare il museo che racconta la storia di Borgo Mocale attraverso oggetti tipici della vita rurale che durante il restauro sono stati recuperati e che rendono testimonianza delle famiglie che hanno abitato il borgo.

Infine all’interno dell’albergo diffuso c’è una sala musica che ospita concerti estivi di pianoforte caratterizzati da un repertorio classico dell’Accademia Musicale Valdarnese.

La promozione culturale è affidata ai proprietari e nei periodi di maggior flusso si estende all’intero personale.

La struttura è gestita dalla famiglia dei proprietari che vi risiedono, e da sei dipendenti tra cui due a tempo indeterminato e altri a tempo determinato o stagionali per l’oliveta (18 ettari e 1200 piante) e gli animali. Inoltre c’è una receptionist assunta da Marzo a Settembre. Il periodo di maggior flusso è concentrato nei mesi che vanno da Giugno e Settembre e la chiusura stagionale va da Novembre a Marzo.

 

Nell’elaborato analizzo anche progetti mai realizzati come Il Villaggio Domianaz a Châtillon, il progetto di albergo diffuso di Nuoro, il progetto dell’albergo diffuso nel borgo dell’Ariola, il progetto di Nebrodi e infine Tavernhause Ospitalità diffusa. Quest’ultimo progetto nasce nel 2011 quando Pasquale e Deborah Molfetta decisero di avviare un progetto di ospitalità diffusa nel centro storico di Assisi dove era possibile ammirare, oltre alle varie importanti basiliche, anche resti romani inseriti in un contesto medioevale architettonicamente poco alterato. Le particolarità di questo piccolo centro sonoil patrimonio edilizio, costituito da edifici della tipologia edilizia del casalino medievale (XII -XIII secolo) e la presenza di residenti, superiore rispetto ad altre zone della città. Quest’ultime hanno perso la propria autenticità di conseguenza allo sviluppo turistico che ha comportato la costruzione di strutture ricettive, causando una consistente “migrazione” di residenti dal centro verso le zone e i comuni limitrofi.

Il progetto prevedeva la realizzazione di una struttura ricettiva caratterizzata da case e appartamenti per vacanze, dislocati nel raggio di poche decine di metri, nel cuore medievale di Assisi, in strade pedonali chiuse al traffico veicolare. Queste “case vacanze” avrebbero fatto perno intorno all’esistente attività di Pasquale, un caffè winebar denominato “Baccanale Cafè”.Questo locale sarebbe dovuto essere una reception dove recarsi per il disbrigo delle formalità di registrazione, per la comunicazione agli uffici di polizia e per la fornitura di ogni informazione utile per il soggiorno con la distribuzione di materiale informativo.

Il progetto nato come albergo diffuso oggi è definito dai due sposi ospitalità diffusa, in quanto non è stato possibile creare l’albergo poiché la Legge Regionale Umbra limita ai comuni con più di 5.000 abitanti la possibilità di creare un albergo diffuso.

Secondo la coppia i requisiti per la creazione di alberghi diffusi sono presenti anche in centri storici più grandi trovando il favore di migliaia di visitatori. Infatti Pasquale sostiene che, se in origine la formula veniva applicata solo ai borghi minori, nel terzo millennio potrebbe adattarsi perfettamente a borghi dove il numero di residenti è calato drasticamente e dove decine di appartamenti sono disabitati e altrettanti utilizzati solo per affitti brevi, con una popolazione anche superiore ai 5.000 abitanti.

In questo caso il progetto è stato bloccato dalla normativa e secondo Pasquale e Deborah soprattutto dal limite di abitanti imposto dalla stessa.

 

Lo studio effettuato per quest’elaborato, supportato per quanto riguarda il modello di albergo diffuso da un indagine condotta tra i differenti alberghi che fanno parte dell’ADI, ha fatto emergere una crisi del patrimonio immobiliare italiano che si manifesta con l’abbandono totale o parziale dei borghi e dei centri storici minori. La cosiddetta architettura “povera”, dei centri storici minori e dei borghi, è uno scrigno prezioso di radici culturali e di bellezze paesaggistiche, dove il tempo sembra essersi fermato. Questi luoghi si trovano, soprattutto quelli totalmente abbandonati, in uno stato di degrado e nonostante i vari progetti di riqualificazione, esaminati nella tesi, le città fantasma sono in continuo aumento.

I piccoli borghi e i centri storici minori sono testimoni di una cultura in via di dissolvimento e possono essere conservati nel loro insieme solo attraverso un’attenta cura, che va oltre l’aspetto paesaggistico,in quanto bisogna essere attenti ai materiali usati per i restauri e a non violarne l’identità.

L’Italia, con i suoi tempi, ha provveduto negli ultimi vent’anni ad emanare norme che regolarizzassero l’albergo diffuso e, anche se al momento non esiste una normativa unica, poiché come già espresso la materia turistica è di competenza regionale, ci sono alcune normative ritenute ottime dall’ADI, come quella della Campania che potrebbero essere un esempio per le altre, le quali dovrebbero adattarsi alle caratteristiche base del modello.

Un turismo attento ai valori culturali ed ambientali può rappresentare un’ottima alternativa al degrado del patrimonio immobiliare italiano e soprattutto potrebbe essere una fonte di rilancio e sviluppo per l’economia, non solo locale ma anche nazionale.

Come è stato descritto, al capitolo 5 del presente elaborato, purtroppo su centinaia di progetti di alberghi diffusi solo pochi riescono effettivamente ad essere concretizzati, anche se in Italia ci sono strutture ricettive alberghiere che usano impropriamente il brand, nonostante non facciano parte dell’ADI e probabilmente non hanno neanche i requisiti adatti.

Da una prima indagine, effettuata sui 74 alberghi dell’ADI, ho riscontrato che la quasi totalità ha un discreto sito web che permette al turista non solo di prenotare il soggiorno, ma attraverso la descrizione geografica e culturale del luogo genera nello stesso una curiosità che potrebbe spingerlo a preferire un A.D. rispetto ad altre strutture alberghiere. Precisamente gli alberghi con un sito internet funzionale e completo di proposte culturali ed eventi sono il 65% mentre il 31% ha un sito abbastanza completo che soddisfa sia la funzionalità organizzativa che la promozione culturale e infine il restante 4% ha un sito web poco organizzato per quanto riguarda la promozione culturale. La maggior parte degli alberghi analizzati si trova in luoghi ricchi di cultura e di tradizioni con un grande patrimonio culturale. Un’ulteriore indagine, a cui hanno scelto di collaborare47 alberghi dell’ADI, ha evidenziato che il 39% delle strutture partecipanti predilige una gestione familiare con l’assunzione di personale specializzato, il 35% utilizza una gestioni imprenditoriale, il 7% ha una gestione che prevede una gerarchia di ruoli, il 7% è gestito da cooperative e infine il restante 12% utilizza altre forme di gestione tra cui la S.r.l. e le aziende specializzate. Inoltre la maggioranza degli alberghi che hanno partecipato all’indagine, precisamente il 67%, non effettua periodi di chiusura,mentre il restante 33% si, e dai dati risulta che i periodi di interruzione stagionale sono i mesi invernali, eccetto per gli alberghi che si trovano in montagna e prediligono il turismo invernale.

In base alla posizione geografica c’è chi ha più affluenza nel periodo estivo e chi nel periodo invernale, ma non mancano casi di strutture che, per la loro offerta culturale, hanno flussi turistici continui. I dati evidenziano una maggiore affluenza turistica nei mesi estivi.

Dall’analisi effettuata emerge che solo 1 albergo, sui 47 partecipanti, non fa al proprio interno promozione culturale, a differenza degli altri che svolgono regolarmente l’attività attraverso il proprio personale o in alcuni casi affidandolo a persone specifiche.

Gli alberghi, che hanno risposto alle prime e-mail specificando la loro gestione e le forme contrattuali utilizzate sono stati 23, mentre gli altri 24 hanno risposto al successivo questionario a risposta multipla.

Un dato rilevante, emerso dell’indagine, è che uno dei partecipanti, ha dichiarato di non essere ancora un albergo diffuso in quanto il progetto è al momento bloccato a causa di lacune nella normativa regionale.

Infine dalla ricerca è risultato che l’Abruzzo ha due alberghi diffusi che hanno entrambi una gestione imprenditoriale, il Friuli Venezia Giulia ha tre A.D. gestiti da cooperative, la Liguria ha due alberghi gestiti in forma familiare, la Calabria ha un solo albergo ed è l’unico caso italiano di gestione da parte di un’Impresa Sociale, così come stabilisce la legge, e il Veneto ha un solo A.D. con una gestione familiare. Per le altre regioni, purtroppo non avendo avuto risposta da tutti gli alberghi, non è stato possibile capire quale forma gestionale è più utilizzata. Le uniche Regioni che al momento non hanno neanche un albergo diffuso sono la Valle d’Aosta, nonostante di recente ha provveduto ad emanare una normativa, e il Trentino Alto Adige.

Alloggiare in un albergo diffuso vuol dire diventare un residente temporaneo e soprattutto vuol dire scegliere una vacanza differente non basata sulle città d’arte ma sulla bellezza del paesaggio, sulla tradizione visibile e sul passato che diventa presente. Il progressivo invecchiamento della popolazione italiana, come dimostrano gli ultimi dati ISTAT, è una delle cause della poca conoscenza dell’ospitalità diffusa e nel dettaglio dell’albergo diffuso. Alla base della diffusione del brand, tutto made in Italy, è essenziale sensibilizzare e, risulta molto più complesso quest’approccio con le persone anziane poiché spesso sono radicate nelle loro convinzioni e tutto ciò che è innovazione può spaventarle, inoltre come si è riscontrato nei casi di strategie di ripopolamento, spesso è difficile, soprattutto per chi non è più giovane, accettare chi è diverso da noi per religione, cultura e purtroppo ancora per differenze razziali.

Quando si decide di intraprende un progetto di albergo diffuso, così come si è visto anche nei casi trattati, è necessario cercare finanziatori che credano nel progetto e vogliano investire risorse economiche e competenze. Quest’ultimo aspetto comporta delle difficoltà, poiché anche in questo caso bisogna formare e sensibilizzare i possibili nuovi finanziatori in quanto per essere utilizzata al meglio, questa strategia di recupero,deve essere conosciuta e compresa. Questa sensibilizzazione è portata avanti dall’ADI attraverso convegni e incontri e dal professor Giancarlo Dall’Ara.

Oltre ai grandi finanziamenti bisogna anche cercare bandi europei e presentare progetti concreti e completi, in modo da riuscire ad accedere ai fondi ed avviare i progetti presentati. Molti alberghi diffusi sono stati realizzati grazie ai fondi di questi bandi.

Dai primi progetti ad oggi sono trascorsi circa 30 anni ma la popolazione italiana ancora non è totalmente pronta ad utilizzare la strategia come fonte di recupero, di valorizzazione e di rientro economico. Inoltre alla luce del successo e dei riconoscimenti, nazionali e internazionali, dell’albergo diffuso, forse si potrebbe ipotizzare di estenderlo anche ai centri maggiori, che necessitano di valorizzazione e recupero e che vivono il fenomeno dell’abbandono. L’albergo diffuso si è rivelato negli ultimi anni un’ottima strategia, non solo da un punto di vista economico ma anche per quanto riguardo il recupero del patrimonio immobiliare abbandonato, così come si evince dal primo progetto “Comeglians”, che nasce proprio per far rivivere un borgo abbandonato dopo il terremoto.

In conclusione vorrei riportare le parole del Ministro Franceschini al BTO (BuyTurism Online) di Firenze del 3 Dicembre 2014: “L’Expo può essere un punto di svolta, potremmo vedere l’Italia con gli occhi stupiti che hanno gli stranieri, rilanciando il nostro brand. Le immagini dei crolli di Pompei, dei musei chiusi nelle festività per carenze organizzative hanno minato profondamente la nostra immagine nel mondo. Bisogna ricostruire la nostra immagine, anche con una nuova offerta integrata e dinamica e quella culturale deve essere pensata come un museo diffuso in tutto il Paese. Così come dobbiamo proporre sempre di più gli hotel diffusi. Qualcosa che abbiamo solo noi. Tanto che non esiste neppure la traduzione di Hotel diffuso”.

Il prof. Giancarlo Dall’Ara ha commentato il Ministro sottolineando che: “Ora però ci aspettiamo oltre le parole (molto apprezzate) anche i fatti e cioè una semplificazione dell’iter per la realizzazione di Alberghi Diffusi in Italia, e la difesa degli alberghi diffusi dagli abusivi”.

 

 Indagine alberghi diffusi

 

 

 

 

                                                                                                  Grazia Fedele

 

 

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