L’IDEA E LA STORIA

L’IDEA: UN ALBERGO ORIZZONTALE

L’albergo diffuso può essere definito come un albergo orizzontale, situato in un borgo o in un centro storico, con camere e servizi dislocati in edifici diversi, seppure vicini tra di loro.

L’albergo diffuso è una struttura ricettiva unitaria, gestita in forma imprenditoriale, che si rivolge ad una domanda interessata a soggiornare in un contesto urbano di pregio, autentico, a contatto con i residenti, usufruendo dei normali servizi alberghieri.

Tale formula si è rivelata particolarmente adatta per borghi e paesi caratterizzati da centri storici di interesse artistico ed architettonico, che in tal modo possono recuperare e valorizzare vecchi edifici chiusi e non utilizzati, ed al tempo stesso possono evitare di risolvere i problemi della ricettività turistica con nuove costruzioni.

  •  l’albergo diffuso è in primo luogo un albergo, e non va confuso con altre forme di ospitalità diffusa; in altre parole non tutte le forme di ospitalità diffusa sono “alberghi diffusi”,
  • l’albergo diffuso è la grande occasione per il sistema di offerta italiano di sperimentare e proporre ai mercati della domanda stili di ospitalità originali, nei quali proporre il proprio approccio ospitale, la propria cultura dell’accoglienza, senza prendere in prestito procedure e modalità gestionali standard.

Per sapere come nasce e come funziona un Albergo Diffuso ecco il manuale che fa per voi: “Manuale dell’Albergo Diffuso” di Giancarlo Dall’Ara, Franco Angeli Editore, Milano 2011

Punti di forza dell’idea di Albergo diffuso

L’offerta dell’albergo diffuso si pone nel mercato turistico come tipologia ricettiva in grado di offrire diversi plus:

  • Capacità di soddisfare i desideri di un’utenza esigente ed esperta: si tratta di persone che hanno il gusto di viaggiare, che hanno trascorso vacanze e soggiorni in diversi tipi di alberghi e località, e che sono alla ricerca di formule innovative e al tempo stesso in grado di rispecchiare il più possibile le caratteristiche del luogo.
  • Rispetto dell’ambiente culturale: la proposta dell’albergo diffuso si muove direttamente nella direzione di recupero del patrimonio artistico e culturale dei centri minori, perseguito con tenacia sia dalla politiche comunitarie che da quelle nazionali e locali, e mostra di possedere la potenzialità per incrementare il reddito e l’occupazione dei piccoli centri, per mantenere o incrementare la popolazione, senza per questo intervenire contaminando la cultura, l’ambiente, l’identità dei luoghi. L’albergo diffuso può avere la funzione di “animatore” culturale ed economico dei centri storici, in particolare nelle città di piccole dimensioni; con l’apertura di un albergo diffuso che utilizza la “reception” anche come “ufficio informazioni” della località, magari in accordo con la Pro Loco, il centro storico può rivitalizzarsi mantenendo al suo interno una complessità di funzioni, residenziale, commerciale, artigianali.
  • Autenticità: a differenza degli alberghi tradizionali, l’albergo diffuso permette ai turisti di vivere l’esperienza di un soggiorno in case e palazzi progettati per essere vere abitazioni, con aspetti strutturali, quali muri, spazi, infissi, arredi ed impianti diversi da quelli progettati per “turisti”
  • Articolazione della proposta: il turista che si indirizza verso l’albergo diffuso ha a sua disposizione un vasta gamma di scelte tutte offerte dallo stesso operatore ricettivo. Il prodotto “albergo diffuso” è di per sé differenziato in termini di diverso livello di comfort delle varie unità abitative, diversa distanza dal centro, diverse caratteristiche architettoniche degli edifici… e consente una politica di differenziazione (anche di prezzi) con l’intendimento di rivolgersi con proposte diverse a differenti fasce di utenza.
  • Originalità-Novità della proposta: una soluzione ricettiva in gran parte originale comporta una maggior visibilità ed offre numerosi vantaggi in termini di strategia di posizionamento nel mercato turistico. Questa originalità è confermata dall’invito che faccio alla stampa internazionale, agli autori di guide turistiche, ai blogger…. di non tradurre il termine “albergo diffuso”, ma di mantenerlo in italiano.
  • Servizi alberghieri: gli alberghi diffusi garantiscono tutti i servizi alberghieri, dal ristorante alle sale comuni, alla piccola colazione eventualmente servita anche in camera; e quindi alloggio, vitto e servizi accessori. Inoltre la dimensione complessiva dell’albergo diffuso permette di personalizzare i servizi, di aumentare il coinvolgimento degli ospiti, di avviare il processo di fidelizzazione e di sviluppare il passaparola.
  • Stile gestionale: si caratterizza nell’universo ricettivo per l’atmosfera originale, per le modalità di erogazione dei servizi e per il suo collegamento con il territorio. L’albergo diffuso ha uno stile unico perché rispecchia contemporaneamente la personalità di chi lo ha voluto e lo spirito del territorio. La gestione ha l’obiettivo di offrire un’esperienza legata al territorio anche nei tempi e nei ritmi del servizio, oltre che nei servizi e nei prodotti offerti.

Declinazione: gli alberghi diffusi possono assumere un tema che caratterizzi la loro proposta ospitale. Ci sono alberghi a tema musicale, sportivo, enogastronomico, culturale…

 

LA STORIA

La prima idea di albergo diffuso prende origine in Carnia, a seguito del terremoto del 1976, dalla necessità di utilizzare a fini turistici case e borghi disabitati, e ristrutturati a fini abitativi. Il termine “albergo diffuso” viene utilizzato per la prima volta nel 1982 all’interno del “progetto pilota Comeglians” portato avanti da un gruppo di lavoro che si avvale della consulenza di Giancarlo Dall’Ara (@GDallAra).

Negli anni ’80 il termine “Albergo Diffuso” si diffonde, e si assiste a diversi progetti e tentativi di realizzare l’idea in altre realtà del paese, ed in particolare:

  • in Emilia Romagna (in val d’Enza, 1984);
  • nel Sannio (nel piccolo comune di Vitulano, in provincia di Benevento, 1987).

In quei primi tentativi l’obiettivo principale è quello di utilizzare edifici vuoti, case abbandonate, di animare centri storici disabitati, di valorizzare turisticamente un sito, in una logica che il marketing definirebbe “product oriented”, piuttosto che quello di dare risposta alle esigenze di una domanda interessata a fare esperienze in qualche misura autentiche, legate allo spirito dei luoghi.

In quei primi tentativi dunque, era ancora assente l’idea di costruire un modello ospitale distinto, per molti versi alternativo e diverso rispetto a quelli tradizionali, e frutto di una elaborazione teorica originale. In alte parole per diversi anni al termine “albergo diffuso” non ha corrisposto un modello ed una cultura dell’ospitalità con le radici nel territorio, in grado di guardare alle esigenze più profonde della domanda.

I progetti ipotizzati negli anni ’80 erano più dei Residence diffusi, che degli “alberghi” diffusi, delle abitazioni messe in rete e dei progetti per così dire “sbilanciati sull’offerta”, sul desiderio di recupero degli stabili piuttosto che sulla domanda, sui servizi necessari per intercettarla, e sulle modalità gestionali per rendere quei servizi coerenti.

Ma è proprio alla fine degli anni ottanta che l’idea dell’albergo diffuso assume contorni più chiari e comincia ad essere concepita non tanto come una rete di appartamenti, quanto piuttosto come un’impresa in sintonia con la domanda, un albergo orizzontale, situato in un centro storico di fascino, con camere e servizi dislocati in edifici diversi, seppure vicini tra di loro.

Nel “Progetto Turismo” di San Leo (1989) infatti l’albergo diffuso è concepito come una struttura ricettiva unitaria che si rivolge ad una domanda interessata a soggiornare in un contesto urbano di pregio, a contatto con i residenti, usufruendo però dei normali servizi alberghieri.

Per assistere alle prime parziali realizzazioni dell’idea di AD, però occorre aspettare gli anni ’90.

Tra i motivi che hanno ritardato il passaggio dall’idea dell’Albergo Diffuso alla realizzazione concreta vi sono tre ordini di problemi:

  • problemi di tipo normativo, bisogna infatti aspettare il 1998 per vedere in Italia, e precisamente in Sardegna, la prima normativa che permette agli AD di essere riconosciuti e di poter operare a tutti gli effetti,
  • resistenze culturali, i proprietari di case preferivano affittare secondo modalità tradizionali i loro locali, o preferivano tenere vuote le abitazioni piuttosto che avventurarsi in soluzioni giudicate troppo innovative,
  • problemi di definizione e di messa a punto del modello ospitale.

In quel contesto il progetto contenuto nel Piano di sviluppo turistico della Comunità Montana Marghine Planargia (Nuoro, 1995), avviato a Bosa e successivamente ripreso a Santulussurgiu, nel vicino Montiferru, riesce ad imprimere una svolta decisiva perché:

  • da un lato, partendo da una idea chiara di domanda di riferimento (target-group), riesce a mettere a punto il modello di Albergo Diffuso (inteso come il frutto della messa in rete di edifici vicini tra loro, con l’obiettivo di creare una offerta a gestione imprenditoriale in grado di garantire tutti i servizi alberghieri agli ospiti, compresa l’offerta di spazi comuni),
  • e dall’altro riesce a dimostrarne la fattibilità.

Non a caso è stato proprio questo modello di AD proposto nel Piano di sviluppo turistico della Comunità Montana Marghine Planargia, e da allora oggetto di diversi seminari e occasioni di studio, che è stato alla base della prima normativa che in Italia ha distinto l’albergo diffuso dalle altre forme di ospitalità, quella della Regione Sardegna.

Negli anni ’2000 Giancarlo Dall’Ara organizza i primi convegni nazionali sul tema dell’Albergo Diffuso, e dà vita all’Associazione Nazionale degli Alberghi Diffusi. E’ la storia di oggi.

Se vuoi conoscerla puoi leggere: Giancarlo Dall’Ara “Il Manuale dell’Albergo Diffuso”, edito da Franco Angeli

Segui l’attualità dell’Albergo Diffuso su Twitter: @AlbergoDiffuso

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Per altre idee ti aspetto nel sito www.marketing-turistico.com 

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